Progetti Personalizzati in Alluminio: Come Trasformare le Idee in Soluzioni su Misura

E se ti dicessimo che è possibile ottenere progetti personalizzati in alluminio, ci crederesti? Noi di TRIMAT siamo qui per parlartene e più nello specifico andremo a vedere come trasformare le idee in soluzioni su misura. Rimani con noi!

Noi di TRIMAT non facciamo chiacchiere, anzi amiamo dimostrare con i fatti ed è proprio questo il motivo per cui vogliamo dirti che dal 2008 ci affacciamo al settore dell’alluminio e ci distinguiamo dalle altre per una caratteristica precisa: siamo specializzati nel costruire strutture in alluminio su misura. Si, hai capito proprio bene! Noi di TRIMAT infatti ci occupiamo del nostro cliente a 360° ed è da noi che l’alluminio che prende forma.

In TRIMAT ogni progetto è unico ecco perché collaboriamo con i nostri clienti per creare profili in alluminio su misura, trasformando idee in soluzioni concrete. Oggi anche l’architettura d’interni e l’edilizia hi-tech offrono spazi ai profili modulari, inventano applicazioni non prettamente legate all’industria: stand fieristici, gazebi e tavoli si mostrano nelle riviste di settori che nulla hanno in comune con l’automazione o la carpenteria meccanica.

L’alluminio per costruire

La definizione del sistema sta a indicare la versatilità grazie alla quale i profilati strutturali possono essere impiegati nelle situazioni più diverse. La costruzione di un telaio per automazione e la protezione per l’operatore richiedono tempi brevissimi; realizzare un sistema di trasporto con i profili estrusi è veloce e consente modifiche anche a struttura montata.

Il sistema è espandibile all’infinito ed è privo di manutenzione. La leggerezza dell’alluminio facilita le installazioni e riduce i costi di trasporto. Dove “l’oggetto deve piacere”, dove non vi deve essere manutenzione, dove si richiede velocità di esecuzione i profilati estrusi in alluminio sono d’obbligo.

Non per ultimo, TRIMAT costruisce, da lay-out cliente o rilievo proprio, protezioni perimetrali con struttura in profilati di alluminio anodizzato e pannelli in policarbonato trasparente anti sfondamento, rete, alluminio composito. La gamma prevede due differenti altezze, con possibilità di personalizzazioni come richiesto da situazioni di pericolo da cui preservare personale e macchinari. Le diverse tipologie di apertura consentono agli operatori e ai manutentori di raggiungere con facilità le aree di intervento nel rispetto delle vigenti normative sulla sicurezza. Tutti i modelli di porte sono predisposti per montare micro interruttori di sicurezza, con possibilità di fornire staffe a disegno per gli interruttori interbloccati; il pannello amovibile è ancorato ai montanti con baionette provviste di grano di sicurezza, così da impedirne la rimozione accidentale o un montaggio non corretto. La reti elettrosaldate, frequentemente utilizzate in questo tipo di installazioni, prevede il nero e l’elettrozincato, come richiesto dalle indicazioni normative che vogliono colori neutri o scuri per garantire visibilità oltre le barriere. A corredo TRIMAT effettua a richiesta gli interventi di posa in opera presso gli impianti del cliente avvalendosi di manodopera interna.

Che si tratti di design innovativi o necessità tecniche complesse, il nostro team è qui per realizzarle. Contattaci per il tuo prossimo progetto!

Soluzioni di assemblaggio & meccatronica

Noi di TRIMAT vogliamo parlarti di soluzioni di assemblaggio e meccatronica, quindi, se ti va di saperne di più rimani qui.

Iniziamo soffermandoci sull’assemblaggio meccanico e cerchiamo di capire di cosa si tratta; prima però ci teniamo a precisare che dopo la fase progettuale, l’assemblaggio meccanico dei componenti è una fase fondamentale per consegnare un prodotto funzionante ai clienti.

Quando si parla di assemblaggio meccanico, si fa riferimento ad una fase fondamentale ai fini della realizzazione del prodotto e che potremmo inserire nel ciclo di post produzione, in cui,  i vari particolari meccanici vengono appunto assemblati seguendo il disegno tecnico. Questa fase ha come unico scopo quello di ottenere un prodotto funzionante e che risponde fedelmente alle esigenze del cliente.

Ci soffermeremo ora sulla meccatronica; si tratta di una disciplina che ha dato una grande svolta nel mondo dell’industria, in grado di dare nuovi strumenti e tecnologie finalizzati all’ottimizzazione della produzione e automazione.

Quando si parla di meccatronica si fa riferimento ad un insieme di tecniche che, combinate tra loro, riescono a far interagire l’elettronica, la meccanica e l’informatica per automatizzare al meglio i sistemi di produzione. Se però ti stai chiedendo da dove nasce questo sistema di tecnologie combinate tra loro, rispondiamo semplicemente che tutto ha origine dalla necessità di creare dei prototipi e degli standard relativi alla modellistica del corpo, alla simulazione e alla prototipazione dei sistemi di controllo, in particolare di controllo del movimento.

Ecco perché più in dettaglio si parla di Motion Control, che trova la sua principale applicazione nei campi della robotica, della biomeccanica, dell’automazione industriale e dell’avionica, un settore che comprende i sistemi meccanici degli autoveicoli. Nel caso della biomeccanica, essa si concentra sullo studio e lo sviluppo di metodi di controllo elettronici utili per gestire il movimento di organi meccanici dando così alle industrie manifatturiere delle soluzioni per diventare più competitive sul mercato. Grazie al miglioramento della produttività, ma anche della flessibilità e quindi della qualità dei prodotti.

Quindi, potremmo concludere dicendoti che l’obiettivo della meccatronica è quello di rispondere alla necessità di combinare in una stessa applicazione i due aspetti delle grandezze elettriche, ossia l’informazione e l’energia, sapendo bene che riuscire a rappresentare l’informazione è un procedimento fondamentale per eseguire le funzioni di controllo, mentre la capacità di trasportare energia è indispensabile per muovere gli organi meccanici; in ambito meccanico invece, la meccatronica consente di separare l’informazione dall’energia, due realtà che nelle applicazioni meccaniche tradizionali sono legate in maniera indissolubile.

INFO13 – Premio Billetta: chi era costui?

Ciao Gio’, fa caldo a Port Louis? Il Gianni adesso è nella sua Aruba e dice che in ‘sto periodo il clima non gli piace mica tanto; invece il Roby è stato veramente fortunato, la villa a Nassau l’ha pagata una miseria e adesso chi lo vede più?

Tratteggiato il quadretto, poco bucolico e piuttosto benestante, ci possiamo figurare tre personaggi che, beatamente spaparanzati in luoghi ameni della terra, tra daiquiri e piacenti compagnie, decidono  se e quanto vessare i comuni mortali consumatori di Alluminio.

Se siano realmente tre non è dato sapere (personalmente dubito siano molti di più); di fatto c’è qualcuno che, sulla scorta di non si sa ben cosa, decide che il compratore grossista deve pagare un extra costo rispetto alla quotazione in USD all’LME per trasformare il possesso di titoli in materiale.

Il premio billetta appunto.

Per chiarire: decenni fa è stato introdotto un parametro di prezzo che, da definizione, è quanto l’estrusore deve sborsare per accedere alla consegna fisica delle billette, per far sì che il primarista gli consegni il semilavorato entro la data stabilita.
In altre parole, il prezzo delle nostre barre è composto dalla quotazione in borsa, in Europa dal cambio EUR/USD, dal premio, dai costi di trasformazione, dal calo di estrusione, e da costi accessori quali trattamento superficiale, imballo e trasporto.

L’incidenza del premio? Per anni tra i 400 e i 500 USD/ton, 50 centesimi al Kg, da quando il nostro metallo ha iniziato ad arrampicarsi sulla vetta della borsa, 2000 / 2200 USD/ton.
Una follia.
Una follia perché é vero solo parzialmente che va a coprire gli extra costi generati dal caro energia e dintorni sostenuti dai processi di estrazione del minerale, dalle prime trasformazioni e dall’annessa logistica.
Una follia perché, da definizione, è quanto si paga per tradurre in materia ciò che i proprietari di titoli in teoria già possiedono.
Una follia perché non c’è relazione diretta tra le oscillazioni di tutto quanto sopra e il suo andamento.

Soprattutto, una follia -speculativa- perché, mentre originariamente si narra fosse giostrato con finalità diametralmente opposta, cioè per calmierare l’eccesso di variabilità dei titoli cartacei / virtuali, da un anno e mezzo segue la curva dell’LME amplificandone gli effetti deleteri.
Altrimenti detto: sino a pochi anni fa se la borsa saliva troppo il premio scendeva un poco, così da contenere parzialmente l’impatto economico sull’industria; il viceversa per garantire marginalità a broker e simili; adesso i trend sono paralleli e ben conosciamo i risultati.

E’ legge di mercato, c’è carenza di materiale, l’offerta non copre la domanda, il prezzo sale.

Certo, in borsa funziona così, ma il premio che c’entra, posto che alle origini il suo scopo era esattamente contrario?
E siamo proprio certi che l’Alluminio un paio d’anni fa abbia iniziato a scarseggiare? Stiamo esaurendo le scorte di uno dei minerali più presenti nella crosta terrestre? Le miniere chiudono perché l’energia necessaria all’estrazione e alle prime trasformazioni costa troppo? La domanda si é contratta e la marginalità deve essere garantita a tutti gli operatori del settore? Mah….

Se così fosse, non si spiega perché -a tutt’oggi- il prezzo del premio si aggira tra i 1600 e i 1800 USD/ton in Europa mentre in Turchia lo si paga tra i 900 e i 1100.
A meno di non dare per assunto che metà delle miniere di bauxite si trovino in Anatolia e che la medesima possa godere di fonti di approvvigionamento energetico a costo irrisorio rispetto a noi.

70-80 centesimi al Kg in meno da Istanbul a Brescia per un prodotto fittizio? Per un parametro imperscrutabile? Per un accessorio del prezzo insondabile ai più? Mah….

L’LME sta puntando i 2000 Dollari a tonnellata, o 2000 EUR (siamo alla parità), riportiamo il premio billetta a valori che rispecchino il criterio della logica et voilà, siori e siore, ecco a voi un Kg di Alluminio ben al di sotto dei 4 EUR!

Alla prossima,
Dellem

INFO13 – Ho visto un Gap!

Un Gap -alla lettera spacco– è un balzello che si osserva nei grafici di borsa quando avviene un’interruzione nella continuità della curva del prezzo di un titolo; in altre parole un vuoto all’interno del quale non vi sono state contrattazioni.
Per inciso, si possono individuare nei grafici a candela, come quelli riportati ad esempio, non in quelli lineari, che uniscono i soli prezzi di chiusura ma che non permettono di rilevare le discontinuità.
Non ultimo, per loro natura si manifestano solamente alla fine del periodo di osservazione, quale che sia il time frame di riferimento, dal minuto alla mesata.
L’analisi tecnica si sbizzarrisce con definizioni tra l’altisonante e il criptico, rigorosamente di matrice anglofona (Breakaway Gap, Measuring Gap, Exhaustion Gap), attribuendo al fenomeno valori e significati di tutto rispetto, quasi a rasentare la certezza previsionale.
I due grafici che compaiono appaiati in questa paginetta ne riportano due tanto modesti da rientrare nella tipologia “Common”, slegati da geometrie e figure particolari, irrimediabilmente fini a se stessi.
O quasi….
Restringiamo il campo e soffermiamoci su queste geometrie.
Dicasi Upside Gap quello in cui il minimo del giorno è superiore al massimo raggiunto durante la seduta precedente; nel caso contrario, quando cioè il massimo del giorno è inferiore al minimo di ieri, ci troviamo d’innanzi -par ovvio- a un Downside Gap.
E il legame con l’Alluminio dove si nasconde?
Capo primo i grafici sono quelli dell’adorato metallo, neanche a dirsi; capo secondo sono entrambi relativi alla stessa giornata di contrattazione, un giorno di fine settembre, cambia solamente il time frame, orario il primo, mensile il secondo.
Capo terzo, lastbatnotlist, oltre a chiarire visivamente quanto appena sopra espresso, mostrano una situazione che potrebbe generare preoccupazione in noi minibuyer.
Già, perchè l’Upside Gap nel grafico sulla sinistra si è chiuso in poche sedute, confermando la teoria secondo la quale “prima o poi il prezzo torna a livello del Gap” e, almeno sulla carta, si potrebbe assistere al formarsi di un mini trend crescente, con le conseguenze che ben si possono immaginare.
In aggiunta, la linea rossa del grafico a destra evidenzia un altro buco, della stessa natura del precedente, formatosi verso aprile di quest’anno a quota 3044 dollari e ancora impunemente aperto.
In entrambi i casi un pessimo segnale per il prossimo quadrimestre o semestre, tenuto anche conto del fatto che il cambio Eur / Usd in questi giorni è decisamente poco favorevole: dopo mesi di oscillazioni minime, a settembre ha rotto al ribasso assestandosi di qualche punto al di sotto della parità.
Cattivi presagi, insomma.
E invece no!
Fermo restando che i cali di borsa sono in gran parte compensati dai rincari dell’energia che fanno lievitare smodatamente sia la trasformazione, che l’ossidazione anodica, che i costi accessori, quanto sopra si ferma alla mera teoria, come quasi sempre in analisi tecnica.
In primis, storicamente, i Gap possono chiudersi anche dopo anni, o mai.
In secondo luogo sono stati presi in esame, volutamente, due grafici con time frame (quasi) agli estremi, girando al largo da quelli settimanali o dai più significativi giornalieri.
Perdete qualche minuto a sbirciare on-line: potrete osservare tanti di quei Gap aperti nell’ultimo anno che vi passerà la voglia di prendere in considerazione questi pseudo segnalatori di inversione di tendenza, buoni forse solo per i trader da scalping!
Non che siano totalmente inaffidabili, questo no, a volte si chiudono, ma da qui a giocarci il budget acquisti….
Alla prossima,
Dellem

INFO13 – Ohi settembre, che farò?

Settembre, il mese dei ripensamenti; in questo caso quello dei pensamenti.
​Un paio di grafici aiutano a confondere le idee, già colme di incertezza, sulle attese autunnali riguardanti il grigio metallo non ferroso.

​Il periodo osservato? L’anno, accorciato un poco -e malamente- per esigenze di pixel.
Il timeframe, o frazionamento temporale? La settimana: qui non si trada, qui si cercano segnali per capire se è il caso di rimpolpare il magazzino o, almeno, di iniziare a pianificare gli acquisti.

​A che cosa servono dei grafici che non mostrano i valori del prezzo?

La prima ragione è che noi siamo a caccia di sentiment o, in più prosaiche parole, di che cosa ci attende nei prossimi mesi; non ricerchiamo il livello di ingresso bensì il timing; in altre parole, il quando.
​​In seconda battuta: se ho esigenze produttive immediate, se la tempistica è predeterminata dalla commessa, non ho margine d’azione, mi trovo in situazione obbligata e le quotazioni dell’LME non servono perché non posso scegliere a che livello acquistare, devo comunque.

​Vai con i tecnicismi di basso rango.

​Il grafico che compare nella metà sinistra dell’immagine è una rappresentazione candlestick con media mobile ALMA a 9 periodi; in aggiunta, un box con il segnale suggerito dalla rappresentazione delle candele giapponesi.
Leggiamolo: movimento laterale dalla seconda metà di giugno, quindi situazione di sostanziale incertezza, mentre le candeline orientali prospettano un andamento che, a distanza di 5 settimane, ancora non si profila nonostante l’indicazione rialzista dichiarata certa a far data fine luglio.
Tra parentesi, in questo caso la media mobile del signor Arnaud Legoux è servita solo a complicarci la vita perché calcolare i minimi quadrati a manina è complesso e non tutte le piattaforme on-line lo fanno.

Il secondo grafico, sulla destra, è un Renko, accompagnato da una media mobile semplice a 5 periodi; i box delle candele nipponiche non si palesano ma -si chiede atto di fede- in corrispondenza delle “P” azzurre ci sono.
​Per non far torti, leggiamo anche lui: nessuna variazione significativa rispetto all’andamento dell’ultimo semestre, nessun taglio con la media mobile veloce, quindi ​trend apparentemente stabile.
​Anche in questo caso restiamo in trepida attesa della conferma del rialzo prospettato dalle candele giapponesi, l’indicazione era la medesima.

​​A corredo e in conclusione: più semplice costruire il primo grafico, meno complicato tracciare la seconda media mobile; in entrambi i casi i moccoli orientali non si sono rivelati ‘sto gran attendibili, finora.
​Stessa base di dati, indicazioni non propriamente coerenti.
Secondo atto di fede: se avessimo costruito i grafici con orizzonti e timeframe diversi, con buona probabilità avremmo ricavato altrettanti segnali discordanti.

E non s’é ancora discorso di volumi, gap, indicatori e oscillatori: carina l’analisi tecnica, neh?

Alla prossima,
Dellem

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